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Il disturbo che comunemente
viene chiamato depressione è scientificamente denominato depressione maggiore.
Si tratta di un disturbo
dell’umore caratterizzato principalmente da:
- umore depresso o tristezza per la maggior parte del giorno;
- ridotta capacità di trarre piacere dalle attività che in passato procuravano gioia e soddisfazione;
- senso di fatica e sensazione di non farcela nelle attività quotidiane;
- sensi di colpa, autocriticità, autosvalutazione e sensazione di essere un fallito;
- mancanza di speranza e pianto;
- pensieri negativi e idee di morte;
- irritabilità;
- difficoltà a prestare attenzione, a concentrarsi e a prendere decisioni;
- sonnolenza e aumento della durata del sonno;
- risvegli notturni angosciosi, con difficoltà a riprendere sonno;
- inappetenza o, in rari casi, aumento dell’assunzione di cibo;
- ridotto desiderio sessuale.
Non è necessario presentare
tutti questi sintomi per ricevere una diagnosi di depressione maggiore. La
sintomatologia tipicamente è più intensa al mattino e migliora nel corso della
giornata, ma vi sono delle eccezioni.
La depressione può manifestarsi
con diversi livelli di gravità. Alcune persone presentano sintomi depressivi di
bassa intensità, legati ad alcuni momenti di vita, mentre altre si sentono così
depresse da non riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. Le forme
gravi sono caratterizzate da un numero più elevato di sintomi, una maggiore
intensità e durata nel tempo della sintomatologia ed una maggiore
compromissione delle attività quotidiane.
Si tratta di uno dei disturbi
psicologici più diffusi nella popolazione e può colpire chiunque,
indipendentemente dall’età, dal sesso, dal livello culturale e dallo status
socioeconomico. Dagli studi scientifici emerge che si manifesta maggiormente
nelle donne rispetto agli uomini: compare nel 25% delle donne e nel 12% degli
uomini. Questa differenza sembra essere dovuta al fatto che le donne, rispetto
agli uomini, hanno più frequentemente sentimenti di tristezza, sono più
autocritiche e vengono maggiormente educate ad essere dipendenti. Gli uomini,
invece, sembrano reagire ai vissuti depressivi soprattutto con comportamenti
disfunzionali quali, ad esempio, l’uso di alcol e di droghe.
Chi ha avuto un episodio di
depressione, rispetto a chi non l’ha mai sperimentato, ha maggiori probabilità
di presentare altri episodi depressivi nel corso della sua vita.
Come
si manifesta la depressione
Sentirsi depressi significa
vedere il mondo attraverso degli occhiali con delle lenti scure: tutto sembra
più opaco e difficile da affrontare, anche alzarsi dal letto al mattino o fare
una doccia.
Molte persone depresse hanno la
sensazione che gli altri non possano comprendere il proprio stato d’animo e che
siano ottimisti inutilmente.
Più specificamente, la
depressione si manifesta attraverso parecchi sintomi di tipo fisico, emotivo,
comportamentale e cognitivo.
I sintomi fisici più comuni
sono la perdita di energie, il senso di fatica, i disturbi della concentrazione
e della memoria, l’agitazione motoria ed il nervosismo, la perdita o l’aumento
di peso, i disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia), la mancanza di desiderio
sessuale, i dolori fisici, il senso di nausea, la visione offuscata, l’eccessiva
sudorazione, il senso di stordimento, l’accelerazione del battito cardiaco e le
vampate di calore o i brividi di freddo.
Le emozioni tipiche
sperimentate da chi è depresso sono la tristezza, l’angoscia, la disperazione,
il senso di colpa, il vuoto, la mancanza di speranza nel futuro, la perdita di
interesse per qualsiasi attività, l’irritabilità e l’ansia.
I principali sintomi
comportamentali invece, risultano la riduzione delle attività quotidiane, la
difficoltà nel prendere decisioni e nel risolvere i problemi, l’evitamento
delle persone e l’isolamento sociale, i comportamenti passivi, la riduzione
dell’attività sessuale e i tentativi di suicidio.
Le persone che soffrono di
depressione, inoltre, presentano un modo di pensare caratterizzato da regole o
“filosofie di vita” disadattive, aspettative irrealistiche e pensieri spontanei
negativi su se stessi, sul mondo e sul futuro (sintomi cognitivi). Le regole o
“filosofie di vita” di queste persone risultano assolute, rigide e, quindi, non
adattive (assunzioni disadattive). Chi ha la depressione fa riferimento a dei
“doveri” che sente di dover assolvere per rispettare i propri valori (es. “Non
posso sbagliare mai!”, “Se non piaccio a qualcuno, non posso essere amato!”,
“Se fallisco in qualcosa vuol dire che sono un fallito!”, “Se ho un problema da
parecchio tempo significa che non potrò mai risolverlo!”, “Non posso essere
debole!”).
Chi soffre di depressione,
inoltre, generalmente presenta aspettative irrealistiche: ha degli standard
eccessivamente elevati sia nei confronti di se stesso, che degli altri. Crede,
ad esempio, che fare errori sia assolutamente vietato, che non si possano avere
conflitti e che bisogna essere sempre di buon umore. Altre persone depresse,
invece, ritengono di non meritare nulla e accettano tutto quello che viene
offerto loro senza ricercare qualcosa di migliore.
I pensieri spontanei che
passano per la mente delle persone depresse, infine, generalmente rispecchiano
la visione negativa che queste persone hanno di sé, del mondo e del futuro
(pensieri automatici negativi). Chi ha concezioni negative di sé, del mondo e
del futuro, ne amplifica gli aspetti negativi e minimizza quelli positivi. Ad
esempio, chi ha una concezione negativa di sé si focalizza solo sui propri
difetti e si percepisce non amabile, incapace, fallito, stupido, brutto, debole
o cattivo. Tipici esempi di pensieri automatici negativi sono: “Sono un totale
fallimento!” (pensiero negativo su di sé); “Mia madre mi considera un
perdente!” (pensiero negativo relativo a quello che qualcun altro può pensare
di noi); “Di sicuro risulterò antipatico!” (predizione negativa); “Niente va
bene!” (pensiero negativo sul mondo); “Quello che ho fatto non conta, tutti
sarebbero in grado di farlo!” (minimizzazione dei propri successi o delle
proprie qualità).
Ci sono, inoltre, alcuni
comportamenti tipici delle persone depresse che favoriscono lo sviluppo di
circoli viziosi e che, dunque, mantengono nel tempo l’umore depresso. Questi
comportamenti, riducendo la produttività lavorativa, il contatto con nuove
esperienze e le attività ricreative, riducono anche la probabilità di provare
emozioni piacevoli e di modificare le idee negative su se stessi, sul mondo e
sul futuro. Alcune persone depresse, ad esempio, sperimentando molta fatica nell’affrontare
le incombenze quotidiane (es. pagare le bollette, chiamare l’idraulico, far
revisionare l’automobile), iniziano a rimandarle; in questo modo iniziano a
sentirsi maggiormente incapaci e fallite. Questo evitamento mantiene la
depressione in quanto non permette alla persona né di sperimentare brevi stati
mentali positivi (es. un leggero senso di efficacia personale), né di
verificare che, nella realtà, non è così incapace come pensa di essere. Spesso
accade anche che le persone depresse, provando apatia e disinteresse per quasi
tutto, smettano di uscire, evitino il contatto con le altre persone e
trascorrano molto tempo libero in attività passive come guardare la televisione
e stare a letto, rimuginando sui propri problemi ed assillando amici e conoscenti
riguardo ad essi. Anche tali comportamenti mantengono la depressione in quanto
impediscono alla persona di vivere esperienze gratificanti. Un ulteriore
esempio dei modi in cui la depressione si mantiene è dato da coloro che, non
riconoscendo i propri successi e non gratificandosi per essi, perpetuano
l’insoddisfazione verso di sé.
Come
capire se si soffre di depressione
Può capitare a tutti, qualche
volta, di essere un po’ depressi, ma ciò non significa che tutti necessitano di
un trattamento. Come si fa a capire se abbiamo bisogno o meno di un aiuto
terapeutico?
Non è patologico avere delle
leggere fluttuazioni dell’umore. La tristezza, se non è troppo intensa, può
anche essere utile alla persona: porsi domande sul perché siamo tristi, ad
esempio, può condurci a capire se abbiamo bisogno di qualcosa e può spingerci a
trovare delle soluzioni ai nostri problemi.
La depressione necessita di un
intervento clinico quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una
forte sofferenza e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Nella depressione
“clinica”, inoltre, sono presenti autocritica, sensi di colpa, disperazione,
mancanza di speranza verso il futuro, pessimismo eccessivo e pensieri di morte.
La depressione vera e propria rappresenta, quindi, qualcosa di molto più
intenso e duraturo rispetto al semplice sentirsi “un po’ giù di tono”.
Per sapere se una persona è
“clinicamente” depressa, inoltre, bisogna prendere in considerazione i motivi e
le cause della sua depressione. Sentirsi molto tristi e privi di energia, avere
sentimenti di vuoto, sentire di aver perso ogni interesse verso il mondo
esterno dopo aver perso una persona cara (es. separazione, divorzio, lutto) è
una reazione naturale, coerente con l’esperienza che stiamo vivendo e, nella
maggior parte dei casi, transitoria. La depressione conseguente ad una
separazione o ad un lutto, quindi, non è un disturbo psicologico; questa va
trattata clinicamente se non si risolve spontaneamente in un arco di tempo che
può andare dai 6 ai 12 mesi (lutto complicato).
Dal momento che è possibile
riscontrare sintomi depressivi anche in altri disturbi psicologici, è opportuno
fare alcune distinzioni tra la depressione ed altre condizioni che possono
assomigliarle.
Tuttavia, per ricevere una
diagnosi seria ed accurata è necessario rivolgersi a persone qualificate.
Nel disturbo bipolare, ad
esempio, si presentano dei periodi di depressione, ma alle fasi depressive si
alternano delle fasi dette di eccitamento maniacale, in cui ci si sente molto
ottimisti e pieni di energia.
La depressione va distinta
anche dal disturbo schizoaffettivo e dalla schizofrenia, in cui, oltre ai
sintomi depressivi, sono presenti deliri e allucinazioni.
I sintomi depressivi, infine,
possono essere dovuti ad alcune condizioni mediche generali (es. ictus, morbo
di Parkinson, demenze, sclerosi multipla) o all’assunzione di sostanze come
droghe, alcool e farmaci. In particolare la depressione può derivare
dall’astinenza dalla cocaina e da alcolici.
Cause
Non esiste una causa unica
della depressione: alla base del disturbo vi sarebbero diversi fattori di tipo
biologico, ambientale e psicologico.
Alcuni studi hanno dimostrato
che vi è una componente genetica (fattori biologici) che può favorire o meno lo
sviluppo di un quadro depressivo. Una certa tendenza alla depressione, quindi,
può essere ereditaria. I soli fattori biologici, tuttavia, non spiegano lo sviluppo
della patologia. Dalle ricerche scientifiche emerge, infatti, che se un gemello
è depresso, l’altro gemello, dotato dello stesso corredo genetico, ha una
probabilità di sviluppare sintomi depressivi del 50-70%, non del 100%.
Tra gli altri fattori che possono
influenzare lo sviluppo di un quadro depressivo ci sono quelli ambientali:
l’educazione ricevuta, gli eventi vissuti all’interno della famiglia e quelli
vissuti fuori della famiglia (es. esperienze scolastiche e con gli amici). In
particolare, sembra che alcune esperienze precoci negative possano facilitare
lo sviluppo di una vulnerabilità acquisita alla depressione e un senso di
mancanza di speranza verso il futuro. Ad esempio, chi ha perso la madre prima
dei tredici anni di età sembra abbia più probabilità di sviluppare questo
disturbo. Alcune situazioni stressanti, inoltre, contribuirebbero sia a
scatenare, che a mantenere nel tempo i sintomi depressivi. Tra questi fattori
di rischio e di mantenimento, i principali risultano:
- perdite importanti (es. perdere il lavoro, un’amicizia, il partner);
- diminuzione delle attività gratificanti (es. svolgere un lavoro che piace di meno rispetto a quello precedente);
- mancanza di relazioni sociali (es. trasferirsi in una città dove non si conosce nessuno);
- richieste nuove dell’ambiente esterno (es. cambiare mansione lavorativa, diventare genitore);
- problemi di gestione della propria vita (es. essere disoccupato, avere problemi economici).
I sintomi depressivi, infine,
possono derivare anche dal continuo contatto con situazioni dove è impossibile
controllare l’esito degli eventi. In questi casi possiamo sentirci tristi,
stanchi, senza più alcun interesse e senza speranza perché abbiamo appreso che
in alcun modo il nostro comportamento può influire sugli eventi, che non ci è
possibile migliorare le cose, che gli eventi negativi sono incontrollabili.
Interpretazioni di questo tipo possono verificarsi in presenza di esperienze
frustranti transitorie (es. difficoltà lavorative, crisi in relazioni significative)
o di circostanze di vita continuativamente sfavorevoli (es. aver perso un
genitore in tenera età, avere un figlio disabile, prendersi cura di persone
anziane affette da demenza).
Le cause elencate, tuttavia,
non costituiscono dei fattori che necessariamente provocano la depressione.
Nell’insorgenza del quadro depressivo, infatti, riveste un ruolo cruciale il
modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per far
fronte ad essi (fattori psicologici). Ad esempio, si può perdere una persona
cara e, dopo un periodo iniziale di sofferenza, reagire all’evento aumentando i comportamenti di
autocura, migliorando le proprie relazioni interpersonali e definendo nuovi
obiettivi personali. Al contrario si può pretendere da se stessi comportamenti
perfetti, rimproverarsi in modo eccessivo per piccoli errori e autopunirsi,
favorendo, così, il mantenimento dell’umore depresso.
Conseguenze
della depressione
La depressione può avere
importanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni.
L’attività scolastica o
lavorativa della persona può diminuire in quantità e qualità soprattutto a
causa dei problemi di concentrazione e di memoria che tipicamente presentano i
soggetti depressi.
Questo disturbo, inoltre, porta
al ritiro sociale, che, col passare del tempo, a sua volta porta a problemi di
tipo relazionale con partner, figli, amici e colleghi.
L’umore depresso condiziona
anche il rapporto con se stessi e con il proprio corpo. Tipicamente, infatti,
chi è depresso ha difficoltà a lavarsi, curare il proprio aspetto, mangiare e
dormire in modo regolare.
Differenti
tipi di trattamento
Negli ultimi anni sono stati
individuati diversi tipi di trattamenti per la cura della depressione. Dagli
studi scientifici emerge che attualmente le cure più efficaci per la
depressione sono il trattamento farmacologico, la psicoterapia interpersonale e
la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Non ci sono prove di efficacia
che indicano che uno di questi trattamenti è migliore rispetto all’altro:
trattamenti differenti e combinazioni di questi possono essere più o meno
adatti a seconda delle esigenze personali e cliniche del soggetto. Le
psicoterapie e i trattamenti combinati (psicoterapia associata alla
farmacoterapia), comunque, risultano essere più efficaci nella prevenzione
delle ricadute rispetto al solo trattamento farmacologico.
Il trattamento farmacologico
della depressione si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si
presenta in forma grave. I farmaci maggiormente utilizzati per la cura della
depressione sono il prozac, il paxil, lo zoloft, l’effexor, il tofranil, il
wellbutrin, l’elavil, il nardil, il parnate e il litio. Per verificare quali
siano gli effetti dei farmaci è necessario attendere tra le 2 e le 4 settimane.
In alcuni casi possono presentarsi degli effetti collaterali, alcuni dei quali
possono diminuire nel corso del trattamento. È importante ricordare che la
prescrizione dei farmaci può essere fatta solo da un medico, meglio se
psichiatra.
La terapia interpersonale (IPT)
è, insieme alla terapia cognitivo-comportamentale, la psicoterapia più efficace
nella cura della depressione. Si tratta di una psicoterapia breve (12-16
sedute) che si focalizza sui sintomi attuali del paziente, sugli eventi della
sua vita e sui suoi rapporti interpersonali. Secondo questa prospettiva,
infatti, le componenti della depressione sono la formazione del sintomo, il
funzionamento sociale e le caratteristiche di personalità. L’obiettivo
specifico dalla terapia interpersonale è il funzionamento sociale, che
influirebbe positivamente sulla formazione dei sintomi; a causa della brevità
del trattamento, non si interviene sulla personalità. Questo tipo di terapia
attualmente non è molto diffuso in Italia.
Nei casi in cui il quadro
depressivo risulti particolarmente grave, è necessario ricorrere a più
trattamenti contemporaneamente (es. interventi di supporto, psicoterapia,
farmacoterapia) e, eventualmente, a ricoveri ospedalieri.
Il
trattamento cognitivo-comportamentale
Come accennato, la terapia
cognitivo-comportamentale, insieme alla terapia interpersonale, è la
psicoterapia più efficace nella cura della depressione. Diversi studi
evidenziano che circa il 75% dei pazienti depressi ha una significativa
diminuzione dei sintomi entro le prime 20 sedute di psicoterapia. Nel caso in
cui alla psicoterapia è associato un trattamento farmacologico, la riduzione
della sintomatologia si verifica nell’85% dei casi. E’ stato anche dimostrato
che questi miglioramenti sono durevoli nel tempo.
Secondo l’approccio
cognitivista, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul
futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione.
Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si
focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che
accadono, vi reagisce e valuta sé stesso. Il terapeuta cognitivista si propone
di aiutare il paziente ad identificare e modificare i pensieri e le convinzioni
negative che ha su se stesso, sul mondo e sul futuro, ricorrendo a numerose e
specifiche tecniche cognitivo-comportamentali. Il cambiamento nel modo di
pensare porterà ad una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei
sintomi, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. In modo
simile, la modificazione di alcuni comportamenti problematici (es. isolamento
sociale) avrà un effetto benefico sui pensieri e sulle emozioni della persona. In
questo modo è possibile interrompere i circoli viziosi che mantengono la
depressione nel tempo.
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